Celebrare la Pasqua vuol dire passare dalla morte del peccato alla vita nuova in Cristo Prepararsi a rivivere la Pasqua è ravvivare il nostro Battesimo e il nostro essere Cristiani. La Confessione-Riconciliazione è un aspetto importante della nostra continua conversione. Tutto il cammino di Quaresima può essere vissuto come una preparazione
penitenziale alla Confessione sacramentale.
Il Sacramento della penitenza rende attuale l’efficacia redentrice del Mistero pasquale di Cristo. Il confessore diventa il tramite consapevole di un meraviglioso evento di grazia. Egli si fa ministro della consolante misericordia di Dio, evidenzia la realtà del peccato e manifesta al tempo stesso la smisurata potenza rinnovatrice dell’amore divino, amore che ridona la vita. La confessione diventa quindi una rinascita spirituale, che trasforma il penitente in una nuova creatura.
Solo Dio può operare questo miracolo di grazia, e lo compie attraverso le parole e i gesti del sacerdote. Sperimentando la tenerezza e il perdono del Signore, il penitente è più facilmente spinto a riconoscere la gravità del peccato, più deciso nell’evitarlo per restare e crescere nella riannodata amicizia con Lui.
Per comprendere meglio questo importante Sacramento e per prepararsi meglio. La confessione è un dialogo enitenziale, cioè, un dialogo fatto con una persona che mi rappresenta la Chiesa, concretamente un sacerdote, nel quale cerco di vivere il momento della riconciliazione in una maniera che sia più ampia di quello che è la confessione breve, che elenca semplicemente le mancanze.
Il sacramento dovrebbe essere costituito da tre momenti che sinteticamente chiamo: confessio laudis, confessio vitae e confessio fidei.
1. CONFESSIO LAUDIS: è cominciare questo colloquio penitenziale rispondendo alla domanda: dall’ultima confessione, quali sono le cose per cui sento di dover maggiormente ringraziare Dio? Quelle cose nelle quali sento che Dio mi è stato particolarmente vicino, in cui ho sentito il suo aiuto, la sua presenza? Fare emergere queste cose, cominciare con questa espressione di ringraziamento, di lode, che mette la nostra vita nel giusto quadro.
2. Segue poi quella che è la CONFESSIO VITAE. È giusto quello che si insegnava nella pratica della confessione, di confessarsi cioè secondo i dieci comandamenti o secondo un altro schema, ma per questa confessio vitae io sarebbe bene rispondere a questa domanda: a partire dall’ultima confessione che cosa è che, soprattutto davanti a Dio, non vorrei che fosse stato? Che cosa mi pesa? Quindi più che preoccuparsi di far emergere una lista di peccati che ci potrà anche essere quando sono cose molto gravi e precise perché, allora, emergono da sé si tratta di vedere le situazioni che abbiamo vissuto e che ci pesano, che non vorremmo che fossero e che proprio per questo mettiamo davanti a Dio per esserne sgravati, per esserne purificati. Ci togliamo un peso e un peso potrebbe essere, per esempio, che abbiamo vissuto una certa antipatia senza riuscire a liberarcene e non sappiamo vedere esattamente se ci sia stata colpa o no, ma ha pesato sul nostro animo; oppure abbiamo vissuto una certa fatica nel compiere il bene, una certa pesantezza nell’amare, nel servire che magari è stata poi causa di altri difetti, perché è una radice di fondo. Così mettiamo in luce veramente noi stessi, come ci sentiamo. Che cosa avrei voluto che non fosse avvenuto? Che cosa mi pesa particolarmente ora davanti a Dio? Che cosa vorrei che Dio togliesse da me? In questo modo è più facile far emergere davvero la persona con le sue situazioni sempre mutevoli, con la sua realtà di peccato spesso non documentabile e che gli altri riconoscono e vedono più di noi, magari criticano e noi non riusciamo a individuare se non in questo modo. Chiediamo di essere liberati perché la potenza di Dio è per liberare noi, non per liberarci da un punto di vista contabile o moralistico; è per darci spazio, per darci animo, per farci riprendere una nuova spontaneità.
3. Infine la CONFESSIO FIDEI che è la preparazione immediata a ricevere il suo perdono. È la proclamazione davanti a Dio: Signore, io conosco la mia debolezza, ma so che Tu sei più forte.
Credo nella tua potenza sulla mia vita, credo nella tua capacità a salvarmi così come sono adesso. Affido la mia peccaminosità a Te, rischiando tutto, la metto nelle tue mani e non ne ho più paura.
E’ necessario, cercare di vivere l’esperienza di salvezza come esperienza di fiducia, di gioia, come il momento in cui Dio entra nella nostra vita e ci dà la Buona Notizia: «va’ in pace», mi sono preso io carico dei tuoi peccati, della tua peccaminosità, del tuo peso, della tua fatica, della tua poca fede, delle tue interiori sofferenze, dei tuoi crucci. Li ho presi tutti su di me, me li sono caricati perché tu ne sia libero.
La confessione non è soltanto un dovere: è un’occasione lieta che si cerca.